PAOLO BENVEGNU’ PER AREZZOWAVE.COM

PAOLO BENVEGNU 6790
 
 

Siamo qui a quasi tre anni di distanza, negli studi di Radio Wave International per realizzare con Paolo Benvegnù una nuova exclusive per il sito di arezzowave.com: una breve intervista, due pezzi live che potrete ascoltare e vedere, solo per voi amici del Love Festival!

Il nuovo disco Earth Hotel, complimenti perché è davvero bello! Mi dicevi che è nato in un momento complicato…

Si è nato in un momento complicato, esistenzialmente complicato… a 50 anni uno per forza di cose si fa delle domande o quanto meno è il tempo che ti fa delle domande.. non necessariamente uno deve fare una ricerca, ma è quello che hai visto, quello che vedi, quello pensi di poter vedere che ti interroga. Sono rimasto un po’ colpito da questa cosa e ho fatto un lungo periodo di sparizione, son scomparso un po’ anche dai radar dei miei compagni perché avevo bisogno di cercare una nuova innocenza da un lato e una nuova maniera di respirare. Per fortuna pare che attraverso questo disco, che è una sorta di autoanalisi profonda, ci sia riuscito.

Molto del merito, lo riconosci sempre anche tu, va ai tuoi compagni che ti stanno molto vicini, soprattutto ti sanno capire. Mi dicevi che hai bisogno di qualcuno che ti aiuti a trovare determinate conferme perché sicuramente idee ne hai tante, spunti ne hai tantissimi ma se a volte c’è qualcuno che ti aiuta a fermarli è meglio. In questo i tuoi compagni hanno ognuno le sua qualità!

Io non esisterei, sinceramente, senza di loro, anche perché davvero mi riportano all’acqua e al sale, mi viene da dire. Io ho bisogno di essere marginato, non perché abbia una fantasia così sfrenata, ma ho una grande tendenza ad espormi agli abissi ai vuoti, ogni tanto loro mi riportano in superficie e questa è una cosa importante. La cosa bellissima è che loro sono estremamente critici con quello che scrivo ed è una cosa molto bella perché questo mi obbliga ad essere rigoroso. Già lo sono molto con me stesso ma sapendo che devo passare sotto le loro forche caudine devo riuscire a convincerli magari con espressioni che non trovano nel loro quotidiano. Questo mi obbliga a rimanere in punta di piedi e cercare di alzarmi ed elevarmi un briciolo di più. Poi altra cosa meravigliosa è che io sono uno che formula domande, e loro sono affermativi nella loro essenza e perciò escono a marginare e fermare ogni mia stupidissima e piccolissima intuizione. Sono molto grato a loro e glielo dico spesso, ma loro essendo un po’ dei “cinghiali” bofonchiano un grazie….


D’altronde sono aretini

Si, però ci vogliamo bene profondamente proprio per questo. Io sono una persona che utilizza troppe smancerie loro invece sono degli uomini che io ammiro molto anche proprio come “postura linguistica”.

Mi chiedevo l’altra sera guardando il tuo concerto, ma Paolo le canzoni come le compone? Nel senso… prende in mano una chitarra, oppure ha bisogno di una tastiera, oppure… è un segreto?

No no per le cose normali, non c’è segreto! in questo caso mi son dato un pochettino più di difficoltà. Mi sono chiuso nella stanzina mia con un sintetizzatore, una batteria elettronica e un basso. Non volevo scrivere i brani con la chitarra perché era troppo conscio il mio iter chitarra e voce, mi conosco e so che bene o male vado a parare sempre li. Invece paradossalmente così è nato qualcosa di diverso, in più in questo caso, nel caso di Earth Hotel non c’è stato nulla di mirato e perciò i brani sono sgocciolati lentissimamente, piano piano…

Un ritmo costante

No niente di costante, anzi. Poi c’è questa cosa bella che abito di fronte ad un convento che c’è nelle mura di Città di Castello e di notte, specialmente intorno alle 5 alle 6 loro fanno il canto iniziale c’era questa sonorità da una parte e io che tiravo giù qualsiasi cosa dalla parte opposta perché non mi veniva nulla.
A proposito del grande rispetto che ho nei confronti dei miei compagni… una volta terminata la stesura del disco, ho registrato senza scrivere nulla, ho registrato i provini così senza nemmeno scrivere una frase ed è la prima volta che mi capita, proprio facendo uscire l’inconscio, ho avuto il coraggio di farlo sentire al gruppo 4 – 5 mesi dopo averlo finito perché mi sembrava non bello. Poi loro mi hanno confortato.

Allora Paolo sei qui con la chitarra ci farai due brani, pur avendoli ideati senza chitarra

Si, la cosa divertente è che poi estraniandomi dalla triade batteria elettronica, sintetizzatore e basso, riporto i pezzi sulla chitarra e sono uguali a quelli di prima. La cosa è preoccupante!


Il primo brano che ci fai?

Il primo pezzo del disco si chiama “Nello spazio profondo” è un po’ l’incipit di queste piccole nuove intuizioni. Parto con il fa diesis minore.

Ieri sera c’era Latouche ad Arezzo ed ho scoperto un termine nuovo che mi piace molto che è “bioregione”
Come ti suona la parola “bioregione”?

Mi fa pensare a quanto noi siamo strettamente legati al territorio in cui siamo ovvero, io per imparare a respirare son dovuto venire in Toscana mentre quando vivevo in Lombardia avevo un respiro corto, lo sguardo corto, il pensiero corto… mi vien da pensare a quanto noi siamo legati a ciò che vediamo e sentiamo fin dalla nascita. Voi avete una grande fortuna perché parlate un italiano perfetto, una dizione molto bella. Almeno io la giudico così e non è così banale, poi sicuramente la considerazione di Latouche sarà molto più di spessore.
Io l’ho provata sulla mia pelle e chi non ha la fantasia di andare oltre al piccolo confine che ha, si perde molto.

Tu hai lasciato il confine toscano a dire il vero, sei sbarcato in Umbria, a Città di Castello

Per forza, costano meno gli affitti! Anche perché fare il musicista in Italia con un certo senso etico, è una meravigliosa passività e perciò per forza di cose devo cercare di spendere il meno possibile. Li è un posto molto bello dove spendo meno.

Saresti un’artista perfetto per la “decrescita serena” di cui parlava ieri Latouche perché lui dice che “non c’è crescita senza la decrescita”, si soffre e basta. 
Tu hai così tanto materiale dentro quando componi che sprecarlo in tempi di “crescita” non ti da il risultato che avresti avuto se tu fossi nato come cantautore negli anni ’60 o ’70. Io ne sono convinto

Io non ne sono convito, io penso che scrivo queste cose perché ho vissuto quegli anni da ragazzino perciò il senso della decadenza lo porto dentro di me. Cioè se fossi stato un uomo nato nel 1950 nel ’72-’73 avrei scritto cose diverse avrei sentito cose diverse. Poi c’è la lezione di chi è arrivato prima di noi che ci forgia anche. Si, mi piace l’idea della decrescita in realtà il senso è che a mio modestissimo parere bisogna saper scegliere cosa ci è necessario e cosa ci è superfluo, penso che i tempi siano abbastanza maturi per un certo verso. Non è un concetto rivoluzionario ma almeno è un concetto, visto che sono riusciti a spazzar via con il commercio, non soltanto le ideologie, ma anche le idee. È tremenda questa cosa.

La trovo non rivoluzionaria la decrescita ma evoluzionaria.

Ah io sono convinto di questo! Alla fine noi abbiamo lo stesso pulsare del sangue di 300mila anni fa, non vedo per quale motivo dobbiamo rincorrere cose molto più veloci di noi. Lo sviluppo deve essere culturale e sociologico però basato su quelli che sono i valori abbiamo bisogno di mangiare, di bere, di fare all’amore e di cercar di vivere serenamente. Mi sembra che queste siano le cose necessarie il resto, l’automobile, la cariola, la leva, le ruote sono degli strumenti … non riusciamo a focalizzare questa cosa…

Già sembra che non riusciamo a focalizzare questa cosa

In realtà ha a che vedere con il desiderio. “De-siderare” guardare le stelle abbiamo tutti bisogno di sentirci marchesi di noi stessi o conti di noi stessi o re di noi stessi, e ovviamente se siamo re di noi stessi abbiamo le possibilità di esserlo anche per altri. È semplicemente una sublime voglia di possesso, quello che ci fa incaponire sul superfluo.

Prima hai detto mi fido di più di quegli umani degli anni ’50

Si perché eticamente erano più legati alle cose che facevano. Mi vien da pensare che fossero più disciplinati. Cioè ho una stupidissima e piccolissima teoria riguardo a questo…. fino a metà degli anni ’60 la maggior parte delle persone impiegate in un lavoro avevano un’uniforme, ogni settore aveva la sua uniforme prova a pensare da quando si sono slacciate queste cose che disintegrazione che evaporazione dei ruoli che c’è. E son 30 anni e guarda caso… c’era una divaricazione dell’esistenza, c’era l’immaginario e il concreto, il reale e il concreto, sono uguali ma diversi no!? Il concreto è devo lavorare e guadagnare, il reale è la cena.. Invece adesso non è più così perché si può lavorare in ogni istante del giorno e della notte e si è soprattutto raggiungibili in ogni istante questo fa si che non capiamo più quale è il nostro ruolo perciò il ruolo identitario di ogni uomo diventa labile e perciò si scompare.

Veniamo al secondo pezzo

 

È una ninna nanna, una elaborazione evaporata, forse una maniera per riuscire ad essere un po’ meno evaporanti, morire un poco perché per me dormire è un po’ quella che gli antichi chiamavano la piccola morte però il giorno dopo ci si risveglia con nuove intuizioni con un nuovo splendore se così vogliamo chiamarlo con un nuovo candore. Il brano si chiama “Hannah”.

Paolo Bevegnù dagli studi di Radio Wave International, come capita ogni tanto, per fortuna.

Ogni tanto ci vediamo e ne sono felice!

Mi fa piacere, ho visto che hai salutato tutti quando sei arrivato…

Sono molto legato a questi studi. In realtà quello che è successo è molto facile a dirsi: quando suonavo con gli Scisma avevamo veramente deciso di smettere perché dopo 3-4 anni di tentativi, eravamo davvero molto stanchi, quanto meno io avevo deciso di smettere, e due giorni prima di trovarci alle prove e dire che volevo smettere mi chiamò Arezzo Wave per dirmi che gli Scisma erano stati scelti come una delle scoperte del ’96. E perciò io devo tutto infondo a queste stanze. Ci vengo consapevole che senza la presenza di queste stanze in via Masaccio 14, probabilmente avrei fatto altre cose nella vita.

Io non c’ero nel ’96 però provo ad immaginare chi c’era, anche perché nel ’96 è nata Radio Wave

C’era Gloria, con cui ho fatto una trasmissione in regia insieme a lei e a Michela che era la pianista degli Scisma. Ogni volta che torno ad Arezzo e salgo in macchina e intercetto le frequenze di Radio Wave penso con piacere al posto, alla regia, alla strada via Masaccio…

Poco dopo qui in radio è arrivato Valerio Corzani, che in un suo libro ha scritto che quando passa dalla E45 cerca sempre Radio Wave

Si trova si trova

È international e in streaming porta Benvegnù dappertutto.
Siamo arrivati al termine della nostra chiacchierata
Grazie di essere stato con noi

Grazie a te grazie a voi tutti

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